Stare dentro il tubo della risonanza magnetica è un'esperienza da non perdere. Ma solo se all'uscita ti dicono che non c'è nulla di grave. Dentro, è una seduta di musica elettronica. Colta. Minimale, ma molto articolata. Cambi di ritmo, loop, anche qualche assolo. Forse con una linea di basso in evidenza sarebbe più accattivante, ma meno cerebrale.
L'intera religione settentrionale delle cose era giunta al termine
"The madness of an autumn prairie cold front coming through. You could feel it: something terrible was going to happen. The sun low in the sky, a minor light, a cooling star. Gust after gust of disorder. Trees restless, temperatures falling, the whole northern religion of things coming to an end. No children in the yards here. Shadows lengthened on yellowing zoysia. Red oaks and pin oaks and swamp white oaks rained acorns on houses with no mortgage. Storm windows shuddered in the empty bedrooms."
Jonathan Franzen, The Corrections.
Ascoltato molti anni fa alla radio (e ricomparso senza motivo adesso nei miei pensieri). Era un antropologo e diceva: la ripetizione di uno stesso tema è uno strumento di conservazione della memoria. Tipicamente nei riti, nelle culture popolari. Il blues, ad esempio.
Le musiche cercano luoghi e vi si attaccano. Io, dopo averlo a lungo cercato, ho da poco scoperto il luogo di Simple things, Zero7. Non è Londra. E' la spiaggia di Barceloneta, verso le sei di pomeriggio a fine ottobre con il vento freddo e il sole ormai basso. Seduti nel bar sulla sabbia. Gli aerei che si muovono piano dietro i cubi arrugginiti di Rebecca Horn.
Se andate o siete a Barcellona e amate la musica, la vostra via è Tallers, che parte di sbieco dalle Ramblas, non lontano da Placa Catalunya. Nel Raval, forse il più bello dei quartieri di Barcellona.